Riccardo Rocchi

PERCHE’ SI PARLA DI VACCINI CONTRO IL CANCRO

Quando si parla di vaccini il concetto fondamentale da tenere a mente è che il nostro sistema immunitario dispone da solo di armi molto efficienti.
Queste armi sono però spesso inesperte, necessitano di un primo contatto con il proprio bersaglio per poter contrastare efficacemente un'infezione o una manifestazione patologica come la degenerazione tumorale di cellule dello stesso organismo.
L’approccio controintuitivo che si adotta con i vaccini è proprio quello di testare e mettere alla prova queste armi a nostra disposizione, facendole venire a contatto per la prima volta con il proprio bersaglio in modo tale che in una condizione meno controllata saranno altamente pronte all’azione. Viene sfruttata la capacità di sviluppare una memoria immunitaria, un ricordo sotto forma di plasmacellule e anticorpi verso un agente patogeno che ha tentato l’assalto al nostro organismo.
Quando si parla di vaccini contro il cancro è bene fare delle distinzioni ben precise, ci sono infatti due differenti filoni di approcci:

  1. addestrare l’organismo a contrastare infezioni di virus oncogeni, cioè la cui infezione può concorrere allo sviluppo di determinate forme tumorali, contrastando quindi una possibile causa. Ciò non è sempre possibile perché non tutti i tumori hanno una genesi legata ad agenti infettivi.
  2. addestrare l’organismo a riconoscere determinate caratteristiche proprio solo delle cellule tumorali, come ad esempio particolari proteine poste esternamente alla cellula e impiegabili come bersaglio per l’azione del sistema immunitario.

Vaccini che rispondano alla prima tipologia sono da molto tempo a nostra disposizione, vedasi i vaccini contro il Papillomavirus umano (HPV), responsabile dell’oncogenesi della totalità dei tumori della cervice uterina e in buona percentuale di altri tumori genitali (anche maschili), o del virus dell’epatite B (HBV).

La seconda tipologia di vaccini è tecnologicamente più complessa e richiede l’impiego di metodologie anche molto più eterogenee.
Fanno parte di questa categoria i vaccini a base di peptide (piccole molecole proteiche) che utilizzano peptidi specifici del tumore per stimolare una risposta immunitaria. Questi peptidi possono essere somministrati direttamente al paziente o possono essere inseriti per maggiore efficacia in un vettore virale, virus privato delle capacità patogene che funge solo da involucro per la veicolazione.

Rientrano anche in questa seconda tipologia vaccini che, nel senso stretto del termine, vaccini non sono. Si tratta più di immunoterapie, cioè di sistemi per risvegliare e allertare il sistema immunitario per finalità terapeutiche e non preventive, come avviene invece nei vaccini più tradizionali. Un esempio sono i vaccini contro i tumori alle cellule dendritiche (DC), cellule sentinella del sistema immunitario, in cui vengono utilizzate le stesse cellule, prelevate dal paziente e manipolate in laboratorio, per riconoscere antigeni (bersagli) specifici del tumore. Tale approccio prevede quindi una parte di ingegneria genetica che rende il processo complesso, altamente personalizzato e certamente costoso.

Tali tecnologie sono alla base di nuove terapie per diverse leucemie acute e posso prevedere anche l’inserimento all’interno delle cellule del sistema immunitario di armi totalmente nuove, non disponibili normalmente nella risposta immunologica, come i recettori Car-T.

Sull’onda dei vaccini anti-covid a base di mRNA si stanno sviluppando tutta una serie di nuove piattaforme vaccinali che potranno portarci alla cura e prevenzione di patologie tuttora scoperte.
In conclusione, il tradizionale concetto di vaccini è ormai superato e l’accezione preventiva non è ormai la sola.

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